Una storia Vera

Una storia Vera


Mi sto preparando per un mercatino e tiro fuori dalla ‘giuina’(la stanza che sta giù) il mio trolley arancione.

Me lo ha regalato mia nonna quando, appena laureata, andai a vivere da lei a Palermo per un anno essendo stata incaricata di una supplenza a Trapani.

Sbarcai a Palermo con il mio solito zaino blu sulle spalle e lei inorridì poichè ormai ero una prof.

E arrivò il trolley.

Che ho usato, da allora, forse due volte.

Oggi ho deciso di riempirlo di libri che metterò disponbili da sfogliare vicino alla bancarella.

Stasera, quando con Amir avremo quel momento di calma dopo cena, se non cascherò dal sonno , ci disegnerò sopra dei fiori.


Questa storia è una storia di Sogni che si avverano.

Io credo che la mia vita sia un susseguirsi di Sogni avverati.

Ho capito, un giorno, che le fiabe in cui spunta il genietto con la lampada e ci offre tre desideri sono ingannevoli non perchè non abbiamo il potere di desiderare e vedersi avverare, ma perchè sembra che tutto debba accadere in un lampo.


Invece i Sogni sono una strada che si srotola attraverso mille paesaggi che cambiano e quando si avverano spesso non li riconsciamo.

Per me almeno è così.

Diverse volte mi sono trovata a vivere una esperienza e accorgermi, solo nella calma del ‘dopo’, che anni prima avevo detto ‘come mi piacerebbe se’ o avere fantasticato l’emozione di vedermi lì, a fare proprio quella cosa lì, con la sospensione quasi irrealistica di quando vivi un favola.


Il mio BiSogno fondamentale nella vita è essere libera.

E per sentirmi libera devo avere il mio spazio sacro.Devo potere essere non vista, non udita.Devo potere stare nel silenzio assoluto e potere decidere di non entrare in relazione.

Da questo vuoto riesco a trovare la mia strada.


Così questa storia inizia con una casa.La mia casa.Per alcuni libertà è non avere vincoli e proprietà; per me, come Chatwin, è necessario un ‘posto dove appendere il cappello’ per lasciarmi andare.


Come un albero, che con forti radici può lasciarsi scompigliare la chioma dal vento così io, ancorata al mio territorio, esploro con maggiore facilità zone fuori da quella di comfort.


Comprai casa dunque, dopo più di un decennio di abitazioni condivise e inizai a piantare nuovi semi.


E così fu che un pomeriggio salii la salita di Montesanto per raggiungere il DAMM, il centro sociale occupato autogestito del centro storico di Napoli.


Per spiegare perchè questo fosse fuori della mia zona di comfort dovrei perdermi in elucubrazioni che esulano dal senso di questa storia.

Di fatto ricordo, con millimetrica precisione, l’immagine della scala che mi trovai davanti superando la soglia.Silenzio.

Ecco, la mia vita, oltre a un susseguirsi di sogni che si avverano è anche un susseguirsi di immagini come questa.Io, sola, in silenzio, davanti a una porta o un corridoio o un sentiero.

Fermo immagine.

Io, abitata da un timore che mi stringe le viscere, che cammino determinata verso una nuova realtà.Nessuno mi spinge a farlo se non la mia convinzione che sia necessario per essere sempre più me stessa.


Non ricordo oltre questo fermo immagine cosa ci fu.Non so se mi accolse Glenn o Scott o Domenico chissà...So che il Damm iniziò a essere anche quello una specie di casa. Imparai a essere un poco equilibrista, un poco tanguera, un poco maga delle erbe. Topo di biblioteca lo sono sempre stata e la follia di passare pomeriggi interi a cercare di catalogare libri che forse mai nessuno avrebbe letto tutto sommato fu la cosa più solita che feci.


Il librone delle erbe all’epoca mi sembrava davvero cosa da maghe e Lei insegnava con un rigore che in quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo sembrava ancora più magico.Il mio primo sapone.I miei primi unguenti.Che la prima volta che mettemmo il sapone fuori ad asciugare c’era, immobilizzato su un albero, un iguana scappato da chissà quale ricca magione di gente che ama le bizzarrie.


Rigore e creatività.Un connubio che mai avrei pensato potesse darsi.Mi rasserenava e affascinava.Perchè io, ingabbiata da sempre da infinite etichette a essere quella brava, quella logica e razionale, quella pragmatica, quella che tiene tutto sotto controllo, pensavo di essere condannata a una vita noiosa e sterile di tabelle, codici, fatti scientificamente verificabili.Ma la mia pancia fremeva per qualcosa che pensavo esistesse, per me, solo nei libri.


E invece iniziai a imparare altro.

La mia casa diventò un luogo dove anche Lei veniva a posare il cappello ogni tanto quando tra un viaggio e l’altro, tra un festival e un girovagare artistico di cui, ora che ci penso, non ho mai conosciuto dettagli, le serviva rifiatare un attimo.

E portava l’odore di strada e di avventura.

Posso fare una lavatrice?

Quando riparti?

Presto.

Pranziamo insieme, dai, prenditi tempo.

E quelle chiacchere erano sempre dense di significati e orizzonti perfettamente combacianti.Una sicurezza per me risuonare con una anima che chiariva ed ampliava le mie vedute.


 


In una vita in cui mi sono riempita la bocca della parola sorellanza, poche volte ho davvero sentito la solidità di una presenza accanto.

E a pensarci ora è quasi buffo che questa sicurezza me la abbia data una persona che, all’inzio della nostra amicizia, per molti mesi, non si sapeva dove fosse e quando sarebbe spuntata a bussare alla mia porta.

Eppure era così.

Un volta fui io a bussare a una porta estranea e ritrovarla.

Cammiando nel casino della Pignasecca sentii una morbidezza pelosa strusciarsi alla mia mano.Sobbalzai, ma poi riconobbi subito la cagnolona magica….caspita, che peccato non ricordarne il nome!Mi salutava, riconoscendomi in mezzo alla folla, per poi poseguire.No! mi aspettava!Passo dopo passo mi condusse davanti a un portone e si sedette a guardarmi.Allora citofonai a caso e chiesi se ci fosse Lei da qualche parte.C’era.Aprirono il portone e la cana entrò (e in cuor suo mi ringraziò,lo so).


Nei miei attaccamenti, ora, a ripensarci, mi pare strano che non fremessi mai di inqueietudine a non avere certezza della condivisione, ad essere felice e piena di ciò che arrivava quando arrivava, accogliendo ogni visita come un dono.


Lei seduta a terra nella mia cucina a dipingere fiori sulla valigia blu.Io che sogno la libertà di fare ugualmente.Senza lezioni da preparare, senza orari e sveglie e scrutini e scadenze e cose inutili e noisose che nulla a che fare hanno con la gioia dell’apprendere.


Lei che guarda incuriosita le dimensioni delle prime camicine di Arturo mentre stende i panni per me, interrompendo la desolante solitudine del puerperio, permettendomi di abbandonarmi a un allattamento mezzo addormentato.


Lei che, appena superata la soglia di casa, crolla sul divano arancione dicendo “chiudo li occhi solo due minuti, c’è troppa confusione a CasaCuma” e poi si addormenta con la mano sulla sua pancia che ospita la vita.


Non era tutto via vai.C’erano case e stabilità e poi chiacchere di mamme mentre Era Lule e Arturo saltavano sul letto.

Ma quello che frizza dentro di me è l’immagine di un orizzonte che voglio raggiungere e Lei che, forse senza saperlo e volerlo, mi dice che si può; che posso.

Era come se un personaggio di un libro, di quelli che sembra siano stati inventati solo per curare le ferite delle desolazioni quotidiane, raggirandoci con la loro fittizia esistenza, fosse uscito dalle pagine e mi fosse venuto a prendere per mano e mi dicesse “ma davvero pensi che siamo diverse?

Guarda che brilli anche tu”.


Ed è così che, dopo un numero di anni che non saprei definire, ancora una volta, Lei ha bussato alla mia vita all’improvviso, nel momento delicato e potente in cui ho preso la responsabilità di affidarmi al Sogno, ai Sogni.

In un cerchio di donne tutte magiche, con candele accese e con rosse stoffe celebrative, desiderata ma inaspettata fino all’ultimo, traghettata dalla mia fedele commare, Vera mi è venuta a ricordare da dove sono partita regalandomi la gioia del riconoscermi.


Mia nonna sarà felice che il suo trolley prenda vita finalmente!

E chissà quale sarà l’immagine che si creerà, su quale sentiero camminerò, quale porta mi toccherà aprire o quale scala salire, stringendo la maniglia di questa valigia, con lo stomaco strizzato dal tremore di saltare di là ad incontrare silenziosamente la mia nuova libertà.


Commenti

Post popolari in questo blog

Sacred Living Movement

Leggere