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Cammino sul ponte umbertino con il cuore che si riempie di sole.

Faccio anche una foto al mare e alla fila ordinata dei pescherecci.Adoro questo scorcio. Mi ricordo del perchè ho voluto venire a vivere a Siracusa.

Camminare è la preparazione al trattamento.

Mi prendo il tempo per lasciare dietro i ‘dove sono i calzini?’ il ‘date il cibo ai cani per favore’ e il ‘ma quando scadeva la bolletta?’.

Ogni volta mi avvicino con curiosità e questa volta percepisco anche una punta di apprensione.

Mi hanno raccontato parte della storia.

E sento che sarà una sfida.

Amo le parole, mi piace scrivere e leggere però so che a volte dire ci incatena a una immagine precostituita.Che a delle parole attacchiamo dei sentimenti e delle reazioni precotte, come il cibo da asporto del supermercato.

E quando tratto una cicatrice voglio ascoltare la storia del corpo, quella senza parole, quella che ogni volta mi fa innamorare di questo modo di aiutare la trasformazione.

Ma ci portiamo dietro mille cose, delle nostre storie e di quelle passate, della cultura che abbiamo respirato e fare pulizia non sempre è immediato.

E quando incontro la persona che devo trattare effettivamente so che devo essere molto centrata. Ricordo le parole e le immagini di David, in formazione, sul rapporto terapeutico. Non dobbiamo scendere nel buco ma dobbiamo tirare su l’altro.E’ un attimo a scivolare nella compassione, nel compatimento.

Tolgo le scarpe, cosa che non ho mai fatto, perchè voglio tenere i piedi ben piantati a terra.

E spengo al testa.

Daje npo’ mica volemo restà laggiù, no? Damme na mano che se risale…

E, certo non con queste parole, ma lo chiedo a chi ho davanti. Io ti tratto solo se tu mi dici esplicitamente che è quello che vuoi.Che vuoi uscire da lì.

E la storia incominciò….

Mi parla questo corpo con una delicatezza infinita e con una fiducia e una apertura commoventi.

E lì, dove mi aspettavo tragedia, sento consapevolezza infinita.

La mia complice è grandiosa e si affida.

Resto in quella ruvidezza che mi permette di non scivolare nel buco.

Il cuore, le mani, l’intento.

Ma piantata a terra, per fare leva, che quando sarai pronta per la spinta io pianto ancora più i piedi e tu sali.

Intanto facciamo pulizia, togliamo quello che non serve più che fa zavorra.

E ripercorro il ponte umbertino nel senso contrario con ancora più gioia e soddisfazione gratitudine e senso di magia.

La luce è fortissima.



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